AI Act, quante sono le aziende italiane che si sono già adeguate

Umano che interagisce con AI

A sei mesi dall’approvazione dell’AI Act, le aziende italiane si trovano di fronte a sfide significative nell’adeguarsi alla nuova normativa. Secondo una ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, il 51% delle grandi imprese italiane fatica a comprendere il quadro normativo, con l’8% che lo ignora completamente e il 43% che ha molti dubbi. Solo il 6% delle aziende si considera già conforme, mentre il 52% ritiene gli obblighi mediamente stringenti, il 25% li considera molto rigidi e l’8% eccessivi .wired.it+6wired.it+6wired.it+6

La percezione dell’AI Act varia tra i settori: finanza e assicurazioni, abituati a normative complesse, lo vedono come un’estensione naturale delle regole esistenti, mentre l’industria e l’automotive temono restrizioni troppo pesanti. Un punto critico è la definizione di “sistema di intelligenza artificiale” fornita dall’AI Act, che risulta poco chiara e genera incertezza su quali tecnologie rientrino nel suo ambito di applicazione. Questa ambiguità è particolarmente problematica per le aziende che utilizzano strumenti standard come Copilot senza sviluppare internamente sistemi di IA .

Nonostante le difficoltà, l’AI Act offre anche opportunità. Spinge le aziende a mappare e classificare i propri sistemi di intelligenza artificiale, distinguendo tra le diverse tipologie di rischio e garantendo la compliance normativa. Questo processo può migliorare la governance tecnologica e offrire un vantaggio competitivo a chi si adegua tempestivamente.Tuttavia, la mancanza di un’autorità nazionale di riferimento per l’interpretazione delle norme rappresenta un ostacolo significativo per le imprese italiane.